E quindi uscimmo a riveder le stelle

Basta poco.
Una smagliatura nelle trame, uno scorcio sul nero, uno squarcio della tela infeltrita che, canuta e testarda, avvolge la notte.

Un bimbo al mare in burrasca. Il naso premuto sul vetro. Pochi millimetri dividono la delusione e l’attesa, di qua, dalla pioggia, le onde in tempesta, la sabbia bagnata, di là.
Ma a me, basta poco: lo svolazzar d’una farfalla, l’entropia, vento, lo sbatter d’ali del cigno di Deneb e – puff – ecco: uno strappo del manto nebbioso.

Son lì, loro. L’ho già scritto, l’ho già detto. Rimangon lì. Ultimamente le guardo spesso, ma oggi ho occhi nuovi, nuove aspettative, obiettivi nuovi.

Pessima notte. Nubi, Luna, foschia. Luci. Quei maledetti cani che abbaiano.
Voglio osservare, comunque. Voglio vedere, voglio stupirmi, ho sete di meraviglia e me ne basta un sorso, un assaggio. Sangue di unicorno per la mia nuova passione.

Scorgo la chioccetta. La vedo come non l’ho mai vista, stupenda. Zaffiri e topazi. Scompare.

C’è vento in quota, la coperta cinerea è in tumulto, ribolle. Mare in burrasca.

Vedo il lampeggiare di un aereo, qualcosa si sta aprendo, dai Gemelli al Toro.
Castore, un diamante, e Polluce, d’ambra. Aldebaran e Betelgeuse, di corallo. Osservo i minuti dettagli di un arazzo d’altri tempi, tessuto con fili d’oro e d’argento.
Sapevo che ci fosse altro, sapevo che, senza aiuti, vedevo ben poco di quanto ci fosse lassù, ma non mi immaginavo tanta meraviglia.

Piombo in uno stato di confusione, perplesso dal silenzio abbagliante di quelle luci assordanti.

Il cielo si chiude, divora le stelle, le gemme non brillano. Fisso le nuvole. Bastarde.

Rimango lì, in piedi, aggrappato alle sensazioni, rivivo il ricordo di quanto appena fatto, visto, vissuto, con la stessa tenacia di chi si sforzi di ricordare un sogno confuso dopo un brusco risveglio. Le immagini scivolano via, ne rimane il profumo, una fragranza evanescente che mi scivola tra le dita. Scompare.

Al buio, un sorriso di autocompiacimento. No, non per quanto visto, ma per una semplice considerazione: siamo, in fin dei conti, materia introspettiva. Polvere stellare che si interroga sugli astri. Egocentrici in una grigia boccia per umanimali. Basta poco, una fessura, per ridimensionare tutto, monito imperativo, chiaro e limpido: non contiamo un gran che. Basta guardar in su, ce lo ricordano loro. Ma non ora.

Nuvole bastarde.

Ad ogni modo, domani è un’altra notte. Porteremo pazienza, io ed il mio nuovo binocolo.

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